Azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di s.r.l. per dissipazione del patrimonio sociale.
Tribunale di Catanzaro, sentenza n. 2010/2023
L’azione spettante ai creditori sociali ai sensi dell’art. 2394 c.c. ha natura aquiliana, sicché, in conformità al principio generale della tutela extracontrattuale del credito di cui agli artt. 2740 e 2043 c.c., il danno è integrato dalla lesione dell’aspettativa di prestazione dei creditori sociali, a garanzia della quale è posto il patrimonio della società. L’esercizio di tale azione presuppone l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti in quanto causalmente connessa all’inosservanza da parte degli amministratori degli obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale, con conseguente diritto del creditore di ottenere, a titolo di risarcimento, l’equivalente della prestazione che la società non è più in grado di compiere. Tale situazione di insufficienza patrimoniale viene in rilievo solo in termini di eccedenza delle passività sulle attività – ipotesi autonoma rispetto all’insolvenza –, che può essere determinata anche da una situazione di semplice illiquidità.
Pertanto, vi sarà una distrazione/dissipazione patrimoniale allorché un bene che rientra nel patrimonio della società ne sia fatto materialmente o giuridicamente fuoriuscire, determinando un suo mutamento di destinazione, per il soddisfacimento di uno scopo economico diverso da quello impressogli in ragione della sua disponibilità in capo alla società, ovvero allorché un bene viene ceduto o un servizio viene prestato dalla società in assenza di corrispettivo o con corrispettivo ontologicamente inadeguato.
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si può recedere da un contratto di affitto appena firmato?
Il Codice del Consumo consente la facoltà di esercitare il diritto di recesso entro 14 giorni dalla sottoscrizione del contratto. Tuttavia, affinché ciò sia possibile, è necessario che:
– il locatore non sia un privato, ma un professionista o una società che abbia, come oggetto sociale, l’attività di locazione di immobili di sua proprietà;
– l’affitto non sia per uso commerciale, ma esclusivamente abitativo;
– il contratto non sia stato concluso presso la sede della società locatrice o dell’agenzia immobiliare.
Affinché la disdetta possa essere esercitabile, è necessario che la lettera di disdetta arrivi al locatore prima che questi presenti il contratto all’Agenzia delle Entrate per la registrazione.
Il recesso del conduttore dall’affitto prima della scadenza ricorre, invece, nelle seguenti ipotesi:
– per i motivi eventualmente indicati nel contratto e previamente concordati dalle parti;
– per altri giustificati motivi, che siano però sopravvenuti e imprevedibili rispetto alla firma del contratto, non dipendenti dalla volontà del conduttore e tali da rendere oggettivamente gravosa la prosecuzione del contratto (ad esempio un trasferimento lavorativo a molti chilometri di distanza).
In entrambi questi casi è, tuttavia, dovuto sempre il preavviso di sei mesi dal quale non ci si può mai sottrarre.
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ci si può opporre a un trasferimento con cambio di mansioni?
Mutamento di mansioni in corso di rapporto di lavoro
Durante il rapporto di lavoro, è possibile che un dipendente venga assegnato a mansioni diverse da quelle inizialmente previste nel suo contratto. Tale variazione unilateralmente decisa dal datore è ammissibile solo se le nuove mansioni appartengono allo stesso livello e categoria legale di inquadramento di quelle precedentemente svolte, oppure a una categoria superiore che il lavoratore abbia raggiunto in seguito.
Tale disposizione garantisce che il dipendente non sia assegnato a compiti che non rispecchiano le sue competenze e il suo livello professionale.
Il datore di lavoro ha la possibilità di assegnare temporaneamente il dipendente a tali mansioni solo in specifiche circostanze:
– sostituzione di un lavoratore assente fino al rientro;
– necessità aziendali: la temporanea vacanza di una posizione
Trasferimento del dipendente
Il datore di lavoro ha un’ampia discrezionalità nel decidere i trasferimenti individuali dei dipendenti all’interno dell’azienda. Tuttavia il trasferimento avviene da un’unità produttiva all’altra, esso si considera legittimo solo se giustificato da valide ragioni tecniche, organizzative o produttive. I suddetti presupposti non sono necessari quando il trasferimento avviene all’interno della stessa unità produttiva.
La contrattazione collettiva può stabilire ulteriori condizioni che legittimano i trasferimenti, applicabili sia alla generalità dei lavoratori sia a specifiche categorie, identificate per esempio per fasce di età. Questi accordi possono anche prevedere l’obbligatorietà di un periodo di preavviso prima dell’effettivo trasferimento.
Modifica orario di lavoro, turni e assegnazione a mansioni inferiori
Il trasferimento di un dipendente da un’unità a un’altra è legittimo solo se basato su comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, come stabilito dalla giurisprudenza (Cassazione n. 9921 del 28 aprile 2009 e n. 6117 del 22 marzo 2005). Inoltre, il datore di lavoro ha la libertà insindacabile di scegliere la soluzione più adatta a livello tecnico, organizzativo e produttivo tra le varie opzioni possibili (Cassazione n. 20333 del 10 ottobre 2016 e n. 19306 del 29 settembre 2015). Pertanto, a tal fine, può anche mutare gli orari dei turni a cui è adibito il dipendente.
Tali ragioni, però, devono essere oggettive e non derivare da valutazioni soggettive del datore.
La legittimità del trasferimento può essere riconosciuta anche quando il comportamento del lavoratore, rilevante sotto il profilo disciplinare, causa disfunzioni operative o tensioni, come nel caso di incompatibilità con i colleghi che generano disorganizzazione (Cassazione n. 27345 del 24 ottobre 2019 e n. 14875 del 6 luglio 2011).
Nel caso di trasferimento con assegnazione a mansioni inferiori, l’illegittimità del cambio di mansioni non implica automaticamente l’illegittimità del trasferimento, se questo risponde a esigenze aziendali comprovate (Cassazione n. 12561 del 27 agosto 2003). Le esigenze devono essere valutate in entrambe le sedi, di provenienza e di destinazione, e il datore di lavoro ha il diritto di modificare i compiti del lavoratore, purché le mansioni siano equiparabili per livello e categoria (Tribunale di Roma n. 4732 del 18 maggio 2017).
In conclusione, se il dipendente ritiene che il trasferimento non sia legittimo, perché deciso in assenza dei presupposti appena indicati, non può, solo per questo, astenersi dal recarsi sul lavoro. Egli deve comunque adempiere alle sue mansioni e, nel contempo, adire il giudice del Tribunale ordinario (sezione lavoro) per ottenere l’annullamento della modifica contrattuale. Sarà solo quest’ultimo– e non l’autonomia del lavoratore – a decidere se l’ordine di servizio del datore era legittimo o meno.