il testamento olografo.

L’art. 587 del codice civile definisce così il testamento: “(…) il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse (…)”.

Il testamento è sempre revocabile sino all’ultimo istante di vita del de cuius.

Nel precedente post del mese di ottobre 2022 inerente la rinuncia alla eredità, abbiamo visto che esistono tre tipologie di testamento: olografo che deve essere scritto, a pena di nullità, interamente di proprio pugno dal de cuius, pubblico, caratterizzato dalla presenza del Notaio il quale, in presenza di due testimoni non interessati all’atto, lo redigerà, la terza tipologia è quello segreto contraddistinto dal fatto che può essere redatto anche da terze persone ed anche mediante mezzi meccanici e viene poi consegnato al Notaio, alla presenza di due testimoni, il quale provvederà a custodirlo.

Oggi ci soffermeremo sull’efficacia e validità del testamento olografo.

Come sopra indicato lo stesso può essere modificato o revocato in qualsiasi momento e tutte le volte che il de cuis lo riterrà, la revoca può avvenire in modo esplicito o tacito. 

La revoca esplicita deve essere effettuata attraverso una dichiarazione formale, e quindi o mediante la redazione di uno scritto ad hoc redatto di proprio pugno dal testatore, sottoscritto e datato, mediante il quale viene specificato che il precedente testamento redatto ed individuato attraverso l’indicazione della data deve intendersi interamente revocato.

Una seconda e più utilizzata modalità, è la redazione di un nuovo testamento con il quale in modo chiaro ed inequivocabile viene dichiarato che il precedente testamento, viene interamente ed integralmente sostituito dal presente.

Nel caso in cui il testamento venga revocato senza la redazione di un nuovo testamento, che sostituisce interamente il precedente, verranno applicate le disposizioni inerenti la successione senza testamento.

La revoca tacita del testamento, invece, può avvenire attraverso la distruzione del testamento redatto dal de cuis, operazione che potrà essere effettuata unicamente dal testatore stesso; ovvero mediante la redazione di un altro testamento mediante il quale si dispone dei beni in modo differente da come si era disposto in precedenza, senza però alcuna revoca del precedente testamento.

È possibile revocare o modificare anche solo una parte del testamento, l’importante è salvaguardare le quote di legittima, ovvero la parte dell’eredità che per legge spettano agli ascendenti ai discendenti ed al coniuge superstite.

Alla luce di quanto espresso si consiglia di farsi sempre assistere da Professionisti esperti del settore.

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La pensione di reversibilità può essere aggredita dai creditori.

La pensione di reversibilità pubblica è una forma di sostegno pensionistico dedicata ai familiari superstiti di un pensionato (o di un lavoratore, in questo caso deve aver maturato i requisiti minimi contributivi) deceduto.

L’importo varia in base al grado di parentela ed al numero degli aventi diritto.

Condicio sine qua non affinché la parte abbia diritto a ricevere detta pensione è l’essere a carico del familiare defunto al momento della morte, ossia essere dallo stesso mantenuto economicamente.

Hanno diritto alla pensione di reversibilità: il coniuge, ancorché separato, o il/la compagno/a unito civilmente; il coniuge divorziato, purché sia titolare dell’assegno di divorzio, non sia passato a nuove nozze, e che la data d’inizio del rapporto assicurativo del defunto sia anteriore alla data della sentenza di divorzio; i figli minorenni nonché quelli inabili al lavoro anche se maggiorenni, i figli maggiorenni che studiano, in questo caso al completamento del corso di studi, ma non oltre il 21° anno di età. La pensione spetta anche per l’intera durata del corso legale di laurea, ma non oltre il 26° anno di età, non spetterà invece al figlio che è fuori corso anche se ha meno di 26 anni.

Dunque, fatta questa doverosa premessa che permette di avere un quadro generale, si rileva che la pensione di reversibilità può essere aggredita dai creditori, ovvero può essere pignorata, purché vengano rispettate alcune condizioni.

In primis, si precisa che ciò che può essere pignorato sono: le somme presenti sul conto corrente del pignorato ed erogate a detto titolo; oppure le mensilità che l’istituto previdenziale, ad esempio l’INPS, dovrà versare al titolare.

Come già rappresentato nei precedenti mesi, la pensione non può essere pignorata per intero per cui se le somme sono state già accreditate sul conto corrente del debitore la parte pignorabile è fissata nel triplo dell’assegno sociale; se invece la pensione deve essere ancora erogata essa può essere pignorata al massimo per un quinto.

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Cosa è la NASPI.

La Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASPI) è una indennità mensile di disoccupazione, istituita dall’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, e viene erogata su domanda dell’interessato.

Detta indennità spetta a tutti i lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che hanno perduto involontariamente l’occupazione, quindi spetta anche al lavoratore che si è dimesso per giusta causa, ossia perché non ha ricvuto il pagamento dello stipendio da parte del datore di lavoro.

Le condizioni per chiedere e ricevere la NASPI sono due, la prima è lo stato di disoccupazione (come previsto dall’art. 1, comma 2, lettera c, del D. Lgs. 21 aprile 2000, n. 181), la seconda è avere avuto almeno 13 settimane di contribuzione, nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.

La domanda dovrà essere trasmessa telematicamente tramite il portale dell’INPS entro 68 giorni successivi dalla cessazione del rapporto di lavoro.

La decorrenza della Naspi scatta dal giorno successivo alla data di presentazione della domanda e comunque non prima dell’ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro.

Il pagamento avverrà il mese successivo a quello in cui è stata presentata e accettata la richiesta.

L’indennità in parola è corrisposta mensilmente per massimo 2 anni. 

L’erogazione della NASPI è condizionata alla permanenza dello stato di disoccupazione, nonché alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa e ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai Servizi competenti.

La prestazione viene sospesa se:

  • il beneficiario viene assunto con contratto di lavoro subordinato di una durata al massimo semestrale e con un reddito annuo inferiore a 8.000 Euro. In questo caso l’erogazione della indennità è sospesa per l’intera durata del rapporto di lavoro;
  • il beneficiario trova una nuova occupazione all’estero, in Paesi dell’UE o con cui l’Italia ha stipulato convenzioni bilaterali in tema di assicurazione contro la disoccupazione o in Paesi extracomunitari, secondo quanto previsto dalla normativa vigente per la sospensione della NASPI in caso di lavoro all’estero.

In caso di violazione degli obblighi, la normativa vigente prevede delle sanzioni che possono consistere in una decurtazione dell’indennità sino alla decadenza della prestazione stessa.

La prestazione, invece, si perderà se:

  • viene meno lo stato di disoccupazione;
  • si inizia un’attività di lavoro subordinato, di durata superiore a 6 mesi o a tempo indeterminato, senza comunicare all’Inps il reddito presunto che ne deriva, entro un mese dal suo inizio;
  • non viene comunicato, entro 1 mese dalla domanda della NASPI, il reddito che deriva da un altro o da altri rapporti di lavoro part time quando cessa almeno uno tra vari rapporti di lavoro a tempo parziale che ha dato diritto all’indennità stessa;
  • si inizia un’attività lavorativa autonoma o parasubordinata senza comunicare il reddito presunto, entro un mese dal suo inizio;
  • si raggiungono i requisiti pensionistici;
  • si è acquisito il diritto all’assegno ordinario di invalidità e non aver optato per la NASPI;
  • vi è stata la mancata partecipazione, senza giustificato motivo, alle iniziative di orientamento predisposte dai Centri per l’Impiego, nei casi previsti dall’art. 21, comma 7, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150.

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Obbligo dell’Amministratore del Condominio di far visionare la documentazione al condomino. 

Il codice civile all’art. 1129, comma 2, c.c., introdotto con la legge n. 220 del 2012, prevede espressamente che l’Amministratore debba comunicare il locale dove si trovano i registri condominiali, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta, possa prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia firmata.

E’ parimenti riconosciuto, ex art. 1130 bis c.c., a tutti i condomini il diritto di prendere visione ed estrarre copia dei documenti giustificativi di spesa, non soltanto in vista del rendiconto annuale e della relativa approvazione, ma in ogni momento e senza alcun bisogno di specificare le ragioni della richiesta, con l’unico limite rappresentato dal fatto che l’esercizio di questo diritto non comporti un intralcio per l’amministrazione ed una violazione del principio di correttezza ex art. 1775 c.c.

Sul punto la Suprema Corte di Cassazione recentemente ha ribadito che: “(…) Gli artt. 1129, comma 2, c.c. e 1130-bis c.c., come novellati dalla l. n. 220 del 2012, prevedono la facoltà dei condomini di ottenere l’esibizione di registri e documenti contabili condominiali in qualsiasi tempo, non necessariamente in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea, sempreché l’esercizio del diritto di accesso non si risolva in un intralcio all’amministrazione, ponendosi in contrasto con il principio della correttezza ex art. 1175 c.c.; al condomino istante – il quale non è tenuto a specificare le ragioni della richiesta – fa capo l’onere di dimostrare che l’amministratore non gli abbia consentito l’esercizio della facoltà in parola. (…)”.

Pertanto in virtù di quanto indicato, si è visto come ai sensi dell’art. 1129 c.c., l’Amministratore del Condominio deve permettere ai condomini che ne facciano richiesta la consultazione di tutta la documentazione inerente il Condominio, ovvero: il registro anagrafico, i verbali di nomina e revoca dell’amministratore nonché la documentazione contabile, permettendo al condomino richiedente di estrarre copia dei documenti dal medesimo custoditi, previo rimborso della spesa.

Ovviamente, il potere di controllo da parte del condomino non è illimitato. 

Infatti, il Tribunale di Roma, con ordinanza del 22 dicembre 2020, ha ribadito che l’azione di controllo del condomino rispetto all’operatore dell’Amministratore trova il suo limite nel principio del buon andamento dell’azione amministrativa. 

Per cui da detto provvedimento si evince che l’interesse del singolo condomino, rispetto alla buona amministrazione del Condominio, non può ostacolare l’attività di amministrazione stessa, distogliendo il l’Amministratore dalle proprie funzioni per assecondare richieste reiterate e non finalizzate a soddisfare autentiche esigenze informative.