Per il calcolo degli onorari spettanti al legale dovrà tenersi in considerazione la domanda riconvenzionale.

La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 2 febbraio 2020, n. 2769, ha chiarito e ribadito che ai fini della quantificazione degli onorari spettante all’Avvocato ci si deve basare sulla domanda riconvenzionale rassegnata dalla controparte.

Nello specifico, ha precisato che: “(…) Nella determinazione del valore della controversia, ai fini della liquidazione degli onorari difensivi, occorre tener conto anche del valore delle domande riconvenzionali, la cui proposizione, ove sia diretta all’attribuzione di beni diversi da quelli richiesti dalla controparte, determina un ampliamento della lite e, di conseguenza, dell’attività difensiva “[…]” Il tribunale non si è attenuto a tale principio. Invece di considerare l’attività difensiva svolta dall’avvocato nel suo complesso, anche in relazione alla domanda riconvenzionale (Cass. n. 7275/1991), ha negato “l’ampliamento della lite” già in via di principio, in base al rilievo che la domanda riconvenzionale non aveva comportato ulteriori attività, essendo state rigettate le richieste istruttorie della parte che l’aveva proposta.

Decidendo in questi termini, però, il tribunale non ha considerato che, in presenza di una domanda riconvenzionale, il requisito che potrebbe giustificare la maggiore liquidazione è legato all’ulteriore attività difensiva svolta in relazione a tale domanda. Esso può naturalmente ricorrere anche in assenza di un’attività di istruzione probatoria in senso stretto. (…)”.

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Riscossione – avviso di accertamento – notifica attraverso il servizio postale.

Nel caso in cui l’atto impositivo non venga consegnato direttamente nelle mani del destinatario per sua temporanea assenza, o comunque per inidoneità o assenza di personale idoneo alla ricezione, l’unica possibilità che ha il notificante di provare il perfezionamento della notifica è il deposito del c.d. CAD, ossia l’avviso di ricevimento della raccomandata mediante la quale viene comunicato l’avvenuto deposito del plico.

Sul punto la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, mediante la sentenza b. 1376 del 17 maggio 2022, ha chiarito che: “(…) In tema di notifica di un atto impositivo tramite il servizio postale secondo le previsioni

della legge n. 8090 del 1982, qualora l’atto non venga consegnato al destinatario per temporanea assenza dello stesso ovvero per assenza/inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento della procedura notificatoria può essere data esclusivamente mediante produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l’avvenuto deposito (cd. CAD), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della raccomandata. (…)”.

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Contestazione difetto di sottoscrizione dell’avviso di accertamento dei tributi locali. 

In caso di contestazione avanzata dal contribuente, in ordine al difetto di sottoscrizione dell’avviso di accertamento dei tributi locali spetterà all’Ente locale dare la prova della sussistenza dei presupposti previsti dalla L. 549/1995.

La Commissione Tributaria Provinciale di Ragusa con la sentenza n. 446 del 9 maggio 2022 ha affermato e ribadito che: “(…) Se vi è contestazione, da parte del contribuente, del difetto di sottoscrizione dell’avviso di accertamento dei tributi locali, spetta all’Ente locale l’onere di provare quantomeno la sussistenza di tutti i presupposti di legge di cui all’art. 1 comma 87 della L. 549/1995 ai fini dell’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile.

Ed in particolare: a) la produzione dell’atto da sistemi informativi automatizzati; b) l’avvenuta indicazione di un apposito provvedimento di livello dirigenziale del nominativo del funzionario responsabile per l’emanazione degli atti in questione, nonché la fonte dei dati. In mancanza di tale prova l’atto è inesistente. (…)”.

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Notifica della cartella di pagamento da un indirizzo PEC che non risulta dai registri pubblici.

La giurisprudenza è concorde nell’asserire che la notifica telematica effettuata mediante l’invio della PEC, in tanto è valida in quanto l’indirizzo PEC, dalla quale è eseguita, risulti dai pubblici registri; in difetto la notifica sarà da considerarsi inesistente.

Recentemente, la Commissione Tributaria Provinciale di Latina, con il provvedimento n. 655 del 7 giugno 2022, ha infatti ribadito che: “(…) deve essere seguita esclusivamente da un indirizzo di posta elettronica certificata dal notificante che risulti da pubblici elenchi. Né si può invocare al riguardo la sanatoria per raggiungimento dello scopo prevista dall’articolo 156 cpc, perché la notifica irrituale degli atti tributari, ancor prima che nulla, è inesistente. (…)”.