I presupposti del diritto alla provvigione del mediatore e le clausole vessatorie.

La vessatorietà della clausola di proroga tacita del vincolo contrattuale.

Con la sentenza n. 785 del 9 gennaio 2024, la Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione si è occupata del rapporto intercorrente fra il diritto del mediatore alla provvigione e la natura vessatoria della clausola che estende tale diritto, anche dopo la scadenza del contratto e senza limiti di tempo. 

Il principio della causalità adeguata. 

La Suprema Corte, nel chiarire i presupposti del diritto alla provvigione da parte del mediatore, ha richiamato il contenuto di una recente pronuncia con la quale si precisava che, per il riconoscimento del diritto alla provvigione, è richiesto l’accertamento del nesso di causalità adeguata, ovvero la sussistenza di un apporto causale, da parte del mediatore, il cui intervento deve essere adeguatamente rilevante per la conclusione dell’affare, non essendo sufficiente, a tal fine, il fatto che il mediatore abbia messo le parti in contatto fra loro (Cass. sent. n. 3165/2023). 

Sebbene tale circostanza costituisce l’antecedente necessario per giungere alla stipula del contratto e per far sorgere il relativo diritto alla provvigione, affinché sussistano tutti i presupposti richiesti dal principio della causalità adeguata, serve anche verificare che l’opera dell’intermediario abbia una rilevanza tale da risultare determinante ai fini della conclusione dell’affare (Cass. S.U., sent. n. 11443/2022). 

Al contrario, il nesso di causalità verrà meno nel caso in cui vi sia stata una prima fase di trattativa, avviata con l’intervento del mediatore, che però non ha dato esito positivo, a cui faccia però segue la stipula del contratto, senza l’ulteriore intervento del mediatore (Cass. sent. n. 22426/2020). 

In ogni caso, è necessario che tale aspetto sia adeguatamente valutato dal giudice, dato che non basta ad escludere il nesso di causalità il solo fatto che la fase iniziale delle trattative, condotte dal primo mediatore, non sia andata buon fine, mentre la stipula sia giunta in un secondo momento, con il successivo intervento di un secondo mediatore. 

La vessatorietà della clausola di proroga tacita del vincolo contrattuale. 

Ciò premesso, secondo la Cassazione, si qualifica come vessatoria e abusiva, ai sensi dell’art. 1341 c.c. e dell’art. 33 del codice del consumo, la clausola, predisposta unilateralmente dal mediatore, che impone al consumatore di corrispondergli la provvigione, anche dopo la scadenza del contratto di mediazione e senza limiti di tempo, qualora il contratto sia stato stipulato con una persona fisica o giuridica che sia riconducibile al cliente stesso, in quanto tale clausola determina un significativo squilibrio a carico del consumatore, obbligato ad adempiere la propria prestazione a beneficio del professionista, indipendentemente dall’accertamento dell’esistenza di un preventivo accordo fra il consumatore e il terzo, volto ad eludere l’obbligo di pagare la provvigione, nonché dell’esistenza di ogni altra circostanza che riveli, anche in via presuntiva, che l’affare sia stato agevolato dai rapporti familiari o personali fra tali soggetti.

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È valida la procura in copia informatica allegata alla PEC?

Con la sentenza n. 2077 del 19 gennaio 2024 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, dando continuità con l’indirizzo enunciato, da ultimo, con la decisione della medesima corte a sezioni semplici, n. 26587 del 14 settembre 2023, ribadiscono che in caso di ricorso nativo digitale, notificato e depositato in modalità telematica, l’allegazione mediante strumenti informatici – al messaggio di posta elettronica certificata (PEC) con il quale l’atto è notificato ovvero mediante inserimento nella “busta telematica” con la quale l’atto è depositato – di una copia, digitalizzata, della procura alle liti redatta su supporto cartaceo, con sottoscrizione autografa della parte e autenticata con firma digitale dal difensore, integra l’ipotesi, ex art. 83, terzo comma, c.p.c., di procura speciale apposta in calce al ricorso, con la conseguenza che la procura stessa è da ritenere valida in difetto di espressioni che univocamente conducano ad escludere l’intenzione della parte di proporre ricorso per cassazione.

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Adozione di minori da parte di coppia omogenitoriale femminile: si esprime la Corte di Appello di Catanzaro.

Due donne italiane, sposate tra loro, ricorrono alla procreazione assistita tramite fecondazione eterologa e, valendosi del seme del medesimo donatore, mettono al mondo due bambini, per i quali il tribunale tedesco pronuncia adozione in favore della donna non coinvolta biologicamente nella nascita di essi. Avendo interesse a che l’adozione sia riconosciuta in Italia, si rivolgono al Tribunale per i minorenni di Catanzaro, ma lo stesso declina la sua competenza. Presentano pertanto istanza alla Corte d’Appello della medesima località, chiedendo il riconoscimento dell’adozione piena pronunciata all’estero e la trascrizione del provvedimento sull’atto di nascita dei minori. Il PG si oppone. La Corte accoglie il ricorso. Lo stabilisce la Corte di Appello di Catanzaro, sez. I, ordinanza 28 novembre 2023, n. 2590.

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Esame di idoneità Taxi e NCC: illegittima la norma regionale che richiede l’assenza di carichi pendenti.

Con la sentenza n. 8 del 2024 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale – per violazione degli artt. 3, comma 1, e 41, comma 1, Cost. – dell’art. 8, comma 3, della L. reg. Puglia n. 14 del 1995, nella parte in cui prevede che la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che deve essere allegata alla domanda di ammissione all’esame d’idoneità all’esercizio dei servizi di taxi e di NCC attesti l’assenza di carichi pendenti, poiché l’effetto interdittivo previsto è del tutto sproporzionato, oltre che lesivo della libera iniziativa economica privata, a fronte della mera pendenza del carico penale.

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L’Agenzia delle Entrate non può giovarsi del giudicato favorevole a Equitalia.

In tema di impugnazione di un atto esecutivo, qualora, a fronte di un’unica sentenza di primo grado sfavorevole all’Agenzia delle entrate e a Equitalia, ciascuna abbia proposto separati appelli, discussi e decisi, alla medesima udienza, dinanzi al medesimo collegio, in cause rubricate sotto diversi numeri di ruolo ed esitate in pronunce contrapposte, l’una di rigetto dell’appello dell’Agenzia e l’altra di accoglimento di quello di Equitalia, l’Agenzia, nel proporre ricorso per cassazione, non può giovarsi della sentenza favorevole ad Equitalia nel frattempo passata in giudicato, attesa l’alterità soggettiva tra essa ed Equitalia, che è “ente strumentale” della prima, “ex lege” incaricato ed autorizzato a ricevere i pagamenti per conto della medesima, senza che, ai fini dell’estensione dell’efficacia del giudicato, ricorrano le condizioni di cui all’art. 1306 cod. civ., non rivestendo i due distinti soggetti, proprio in ragione del rapporto di delegazione tra loro intercorrente, la qualifica di creditori solidali. Questo è quanto stabilito dalla Cassazione civile con l’ordinanza n. 2595/2024.