BONUS PSICOLOGO 2023.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze con il D.M. attuativo emanato nel mese di novembre 2023 ha confermato così il bonus psicologo anche per l’anno 2023, aumentando l’importo massimo del contributo complessivamente erogabile.

L’art. 3 del D.M. disciplina l’importo del bonus, determinandone l’entità in base alla fascia di reddito ISEE del richiedente:

– fino a 1.500,00 Euro per redditi con ISEE inferiore a 15.000,00 Euro;

– fino a 1.000,00 Euro per redditi ISEE compresi tra 15.000,00 e 30.000,00 Euro;

– fino a 500,00 Euro per redditi ISEE compresi tra i 30.000,00 e i 50.000,00 Euro.

La domanda dovrà essere presentata annualmente accedendo alla piattaforma INPS, entro la data indicata dall’ente previdenziale. L’INPS redigerà le graduatorie, distinte per regione e provincia autonoma di residenza, individuando i beneficiari, tenendo anche conto delle disponibilità economiche, sino ad esaurimento delle risorse destinate.

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CONIUGE CHE ACQUISTA A TITOLO PERSONALE BENEFICIA DELLE AGEVOLAZIONI PRIMA CASA.

Corte di Cassazione, ordinanza n. 30594/2023

Inizialmente, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni conseguente alla revoca delle agevolazioni prima casa relativamente all’acquisto di un appartamento. La Suprema Corte ha ripreso un consolidato orientamento secondo cui “(…) in tema di imposta di registro e dei relativi benefici per l’acquisto della prima casa, ai fini della fruizione degli stessi, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile va riferito alla famiglia, così che, nel caso di acquisto in comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l’immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell’art. 177 c.c.; a maggior ragione il requisito in discorso non deve essere realizzato dal coniuge del contribuente che abbia operato un acquisto a titolo personale (v., ex plurimis, e da ultimo, Cass., 2 febbraio 2023, n. 3123; Cass., 19 luglio 2022, n. 22557) (…)”.

Pertanto, se l’acquisto del bene immobile avviene a titolo personale, il trasferimento di residenza in loco dell’altro coniuge non è necessario, mentre se, diversamente, si tratta di acquisto in comunione, il trasferimento di residenza di uno solo dei coniugi componente il nucleo familiare è sufficiente per ottenere il suddetto beneficio.

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IL SINGOLO EPISODIO DI VIOLENZA È SUFFICIENTE PER L’ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE.

Corte di Cassazione, sentenza n. 31351/2022

La Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 31351/2022) sancisce che le violenze fisiche e morali perpetrate da uno dei coniugi rappresentano violazioni così gravi degli obblighi matrimoniali da essere il fondamento, non soltanto per la pronuncia di separazione, in quanto determinante la intollerabilità della convivenza, ma anche ai fini della dichiarazione di addebito, esonerando il giudice dall’obbligo di effettuare una comparazione, con l’eventuale comportamento del coniuge vittima delle violenze, trattandosi di comportamento che, a cagione dell’estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti dello stesso tipo, restando altresì irrilevante la posterità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale (Cass. 7388/2017).

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MATRIMONIO: FEDE MUSULMANA E CONTRARIETÀ ALL’ORDINE PUBBLICO

Tribunale di Napoli, ordinanza n. 17655/2023

Il Tribunale di Napoli ha stabilito che è contrario all’ordine pubblico il rifiuto dell’ufficiale dello stato civile che si rifiuta di procedere alle pubblicazioni matrimoniali, in assenza del nulla osta delle autorità marocchine che non era stato rilasciato per mancata conversione all’Islam del nubendo. 

La coppia, composta da una cittadina marocchina e da un cittadino italiano, aveva deciso di sposarsi in Italia, ma l’ufficiale dello stato civile del Comune di Napoli si era rifiutato di dar seguito alle pubblicazioni matrimoniali e quindi, a consentire la celebrazione civile del matrimonio, poiché non era stato rilasciato il nulla osta dalle autorità marocchine, in quanto il futuro sposo non era di religione musulmana.

Il Tribunale adito, ha disposto che la vicenda in oggetto era subordinata a quanto previsto dall’art. 116 c.c. e dalla L.218/1995. In particolare, l’art. 116 c.c. prevede che lo straniero che vuole contrarre matrimonio in Italia deve presentare, oltre alla documentazione attestante la regolarità del soggiorno sul territorio italiano, una dichiarazione dell’autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che, considerate le leggi cui lo stesso è sottoposto, nulla osta al matrimonio. L’art. 27 della legge n. 218/1995 prevede invece che “(…) La capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio (…)”.

Alla luce del suddetto combinato disposto, l’ufficiale di stato civile che aveva dichiarato di non voler procedere alla pubblicazioni – sul presupposto che le autorità marocchine non volevano concedere il nulla osta alla propria concittadina in considerazione della fede del suo futuro sposo – ha posto in essere una condotta in contrasto con l’ordine pubblico e, proprio tale contrasto, ha condotto il Tribunale a dichiarare l’illegittimità del rifiuto opposto dall’ufficiale di stato civile rispetto alle pubblicazioni matrimoniali.

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SUPERBONUS E CANTIERE SOSPESO. 

Tribunale di Pavia, sentenza n. 1245/2023

Nel caso esaminato dal Tribunale, il Condominio stipulava con una ditta di ristrutturazioni un contratto di appalto per l’esecuzione di lavori di efficientamento energetico rientranti nell’ambito del c.d. super bonus 110%. Le parti contrattualmente stabilivano gli interventi, i corrispettivi e le modalità di esecuzione, ivi compreso il termine di esecuzione dei lavori. La ditta dava avvio alle opere concordate le quali, però, venivano interrotte senza che ne venisse fornito alcun motivo. Nonostante ripetuti solleciti e il notevole lasso di tempo trascorso gli interventi non venivano ultimati.

Il Tribunale adito, sulla scorta della prova dell’inadempimento fornita, della individuazione dell’attività da svolgere in virtù del contratto sottoscritto, delle prove testimoniali ha condannato la ditta appaltatrice alla corretta esecuzione del contratto, oltre al risarcimento dei danni connessi al ritardo nella esecuzione dei lavori ed ai relativi maggiori costi sostenuti per le utenze, costi che non sarebbero stati sostenuti ove vi fosse stata la pronta esecuzione dei lavori stessi.