Sollecito pagamento TARI facoltativamente impugnabile.

L’omessa impugnazione del sollecito di pagamento non preclude l’eventuale impugnazione dell’avviso di accertamento.

Infatti, l’atto amministrativo di sollecito di pagamento è autonomamente impugnabile da parte del destinatario davanti al giudice competente, quando, nonostante il carattere atipico derivante dalla diversa denominazione attribuitagli dall’Amministrazione, abbia lo stesso contenuto e funzione del provvedimento tipizzato impugnabile.

L’impugnazione del detto sollecito, rappresentando una facoltà e non un onere per il contribuente, non preclude, in caso di mancato esercizio, la possibilità di impugnazione con l’atto successivo. 

Pertanto, alla luce di quanto sopra, il contribuente può impugnare il successivo avviso di accertamento, oltre che per vizi suoi propri, anche per profili attinenti al merito della pretesa fiscale (cfr. Cassazione Civile sez. 6 Ordinanza n. 35412 del 01 dicembre 2022).

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Termini proposizione del ricorso in opposizione che scade di sabato.

La Suprema Corte di Cassazione, ha avuto modo di esaminare una sentenza impugnata nella quale era stato affermato che l’appello era tardivo atteso che la sentenza di primo grado veniva deposita in data 8 luglio 2019, che essa non era stata notificata e che il termine di cui all’art. 327 c.p.c. risultava scaduto in data 8 febbraio 2020.

I Giudici Ermellini hanno accolto il ricorso in quanto l’8 febbraio 2020 cadeva di sabato.

In particolare, si legge nel provvedimento, che la proroga al lunedì successivo dei termini scadenti nella giornata di sabato è sancita dall’art 155 comma 5 c.p.c. e ribadito dalla costante giurisprudenza della  Corte di Cassazione che, a più riprese, ha affermato che nelle controversie tributarie il termine per proporre ricorso (che è “a decorrenza successiva” e va, pertanto, computato escludendo il giorno iniziale e conteggiando quello finale) è soggetto all’art. 155, comma 5 cpc, per cui ove il “dies ad quem” cada di sabato, è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo (cfr. Cassazione Civile sez. 6 Ordinanza n. 34424 del 23 novembre 2022).

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La prescrizione decorre dalla notifica della cartella di pagamento. 

Il termine prescrizionale non inizia a decorrere 60 giorni dopo la notifica della cartella di pagamento, bensì decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere ovvero dalla notifica della cartella di pagamento stessa.

Infatti, la giurisprudenza di legittimità di recente ha avuto modo di chiarire che il diritto di difesa dell’utente può esser fatto valere non dal momento in cui può esser dato corso all’esecuzione forzata, ma dalla notifica della cartella di pagamento che costituisce già atto di esercizio del diritto di credito, idoneo ad interrompere il decorso del termine prescrizionale (cfr. Cassazione Civile sez. 5 Ordinanza n. 6350 del 2 marzo 2023).

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La TARI è dovuta a prescindere dalla fruizione del servizio.

La quinta sezione della Suprema Corte di Cassazione, con il provvedimento emesso in data 20 giugno 2023, n. 17654, ha nuovamente affermato che finché il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti è attivo e fruibile, l’utente non può esimersi dal pagamento del tributo adducendo il mancato utilizzo.

Nello specifico ha asserito che: “(…) Ai sensi della L. n. 147 del 2013art. 1, comma 641, la TARI è dovuta, per la disponibilità dell’area produttrice di rifiuti e, dunque, unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti. Pur operando il principio secondo cui è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare del diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile o, addirittura, l’esenzione, costituendo questa un’eccezione alla regola del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale, fermo restando che l’esenzione per inutilizzabilità dell’immobile dipende solo da ragioni oggettive che rendano il bene di fatto inservibile e non può mai discendere da una scelta soggettiva del contribuente. (…)”.

Quanto ribadito dai Giudici Ermellini si spiega in quanto non ha rilevanza la volontà delle parti, ovvero non è un classico rapporto tra privati (gestore/utente); infatti il pagamento del tributo garantisce un servizio indivisibile in favore della collettività il quale non è pertanto riconducibile ad un rapporto sinallagmatico con il singolo.