Permessi legge 104: il datore di lavoro può imporre l’uso delle ferie?

In caso di conflitti con il datore di lavoro che chiede di utilizzare i giorni di ferie al posto dei permessi legge 104 occorre fare riferimento Legge 104/1992. Tale legge garantisce ai lavoratori dipendenti la possibilità di usufruire di tre giorni di permesso mensili retribuiti per prestare assistenza a un familiare con grave disabilità.

Secondo la normativa vigente, tali permessi non sono subordinati alla discrezionalità del datore di lavoro: l’art. 33 della Legge 104/1992 stabilisce infatti che il lavoratore ha diritto a tre giorni di permesso mensili, retribuiti e coperti da contribuzione figurativa, a condizione che la disabilità del familiare sia riconosciuta dall’INPS.

Il dirigente scolastico non può imporre l’utilizzo delle ferie in alternativa ai permessi 104. Questo principio è stato confermato anche dalla giurisprudenza, che ha ribadito come i permessi siano un diritto soggettivo del lavoratore e non una concessione del datore di lavoro.

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BFP: risarcito il risparmiatore per mancata consegna del foglio informativo

Tribunale di Ivrea, sentenza n. 465/2025

Nel 2001 un risparmiatore sottoscriveva buoni fruttiferi postali (“BFP”) su moduli cartacei ove era indicata la dicitura “buono postale fruttifero a termine”, con l’aggiunta a penna della serie “AA2”. Nel 2022 Poste Italiane, negava il rimborso dei titoli adducendo essere intervenuta la prescrizione del diritto al rimborso, essendo trascorsi oltre dieci anni dalla scadenza dei titoli, prevista a 7 anni dalla data di emissione.

Il Tribunale di Ivrea adito ha rilevato che Poste non ha provato in giudizio, come era invece suo onere, di avere adempiuto alle prescrizioni, ovvero di aver dato prova di aver consegnato all’attore, al momento della sottoscrizione dei titoli, un foglio informativo contenente la descrizione dettagliata delle caratteristiche dei buoni e segnatamente l’indicazione del termine di scadenza, essendo piuttosto apposta sul titolo la sola dizione “a termine” e l’indicazione della data di prescrizione del diritto al rimborso.

Nella decisione, il Giudice eporediese, richiamando alcune pronunce della giurisprudenza di merito del Tribunale di Roma n. 10051/2024 e della Corte di Appello di Napoli n. 3719/2024, ha ritenuto che gli obblighi di trasparenza che il legislatore disciplina espressamente quando si tratta di rapporti negoziali asimmetrici (cfr. a titolo esemplificativo art 21 TUF, 117 TUB e 3 D.M. 19/12/2000), costituiscono declinazione dei principi di buona fede e correttezza, operanti in tutta la vicenda negoziale (art.1337, 1366, 1375 cod. civ.), il cui fondamento è direttamente rinvenibile nel più generale dovere di solidarietà sociale costituzionalmente imposto ex art. 2 della carta fondamentale.

Sotto questo profilo, come ribadito dalla Cassazione con sentenza n. 7358 del 07/03/2022, è orientamento ormai costante in sede di legittimità, quello secondo cui “i princìpi di correttezza e buona fede nell’esecuzione e nell’interpretazione dei contratti, di cui agli artt. 1175, 1366 e 1375 cod. civ., rilevano sia sul piano dell’individuazione degli obblighi contrattuali, sia su quello del bilanciamento dei contrapposti interessi delle parti”, sostanziandosi la buona fede nell’esecuzione del contratto “in un generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere extracontrattuale del “neminem laedere” (Cass. 4.5.2009, n. 10182).

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Si possono tenere gli animali all’interno del condominio?

La detenzione di animali domestici nei condomini è regolata dall’art. 1138, comma 5, c.c., che vieta ai regolamenti condominiali di imporre divieti generali, salvo che il regolamento sia di natura contrattuale. I proprietari di animali devono rispettare obblighi di convivenza, evitando rumori molesti, garantendo igiene e sicurezza, e rispondendo per eventuali danni ai sensi dell’art. 2052 c.c. Le restrizioni all’accesso degli animali alle parti comuni devono essere giustificate e non discriminatorie. In caso di controversie, si consiglia di ricorrere alla mediazione condominiale o all’intervento dell’amministratore, riservando l’azione legale per i casi più gravi. È fondamentale mantenere un equilibrio tra diritti individuali e esigenze collettive per prevenire conflitti.

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Il rifiuto del fotografo di effettuare servizio fotografico dopo conferimento dell’incarico.

Il rifiuto del fotografo di eseguire il servizio dopo il pagamento configura un inadempimento contrattuale ai sensi degli articoli 1218 e 1453 del Codice Civile. Tale inadempimento, se non giustificato da cause di forza maggiore, espone il fotografo a responsabilità risarcitoria nei confronti del cliente, che può richiedere il risarcimento dei danni e la restituzione delle somme versate. Il contratto di prestazione d’opera impone al fotografo l’obbligo di adempiere alle prestazioni concordate, e il rifiuto ingiustificato viola le aspettative legittime del cliente. In caso di inadempimento parziale, il cliente ha diritto a un risarcimento proporzionale o a una riduzione del prezzo. Pertanto, una corretta gestione delle obbligazioni contrattuali è fondamentale per evitare controversie legali.

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Come provare il danno da prodotto difettoso.

Il danno da prodotto difettoso coinvolge la sicurezza dei consumatori e i loro diritti quando vengono danneggiati da un prodotto che presenta vizi di fabbricazione, progettazione o etichettatura.

In generale un prodotto è difettoso quando non soddisfa le aspettative di sicurezza che i consumatori possono legittimamente avere, tenendo conto di tutti gli aspetti, come il design, la fabbricazione, la manutenzione e l’uso corretto del prodotto.

Nel contesto del diritto civile, la responsabilità per danno da prodotto difettoso è regolata principalmente dalla Direttiva 85/374/CEE dell’Unione Europea, che ha introdotto un sistema di responsabilità oggettiva per i produttori. Il produttore è oggettivamente responsabile per i danni causati da difetti del suo prodotto, anche se non ha commesso alcun errore, né ha agito con negligenza, né ha agito in modo colposo. Per la sua responsabilità e la sua conseguente obbligazione risarcitoria è sufficiente che il prodotto sia difettoso e che il difetto abbia causato un danno.

Per poter ottenere il risarcimento il consumatore deve dimostrare che il prodotto ha un difetto che lo rende pericoloso. E che lo stesso abbia subito un effettivo danno fisico, patrimoniale o morale.

Se il consumatore rimane vittima di un danno da prodotto difettoso, deve: conservare il prodotto difettoso. documentare il danno subito, denunciare il fatto al produttore e, solo in caso di mancata liquidazione del danno, avviare un’azione legale.