ESCLUSA LA RESPONSABILITÀ DELLA P.A. IN CASO DI CADUTA DAL MARCIAPIEDE.

Corte di Cassazione, ordinanza n. 35415/2022

Nel caso in esame, il danneggiato richiedeva il risarcimento danni al Comune in quanto lo stesso era inciampato in una buca creatasi fra due caditoie per il convogliamento delle acque piovane. Sul punto la Suprema Corte ha statuito che se un soggetto subisce un danno non ponendo la giusta attenzione a dove pone i propri, essendo l’ordinaria diligenza una regola di comportamento minimamente esigibile,  non si integra il caso fortuito che libera il custode dalla responsabilità ex art. 2051 c.c. 

Nel caso di specie, lo spazio esistente tra due caditoie per lo smaltimento delle acque piovane, ove si sarebbe creata la fessura, era di dimensioni molto ridotte e non costituiva un pericolo aggiuntivo rispetto a quello creato dalle caditoie stesse. Difatti, tale spazio era caratterizzato, per propria intrinseca natura, dalla presenza di feritoie attraverso le quali assicurare il deflusso dell’acqua, era illuminato ed era ben visibile in quanto evidenziato dalla vernice delle strisce pedonali. Il comportamento del danneggiato, pertanto, avrebbe dovuto esser caratterizzato dalla normale prudenza, cautela ed attenzione nello scendere dal gradino del marciapiede proprio in corrispondenza delle dette caditoie.

Pertanto, ove l’utente della strada non ponga la necessaria attenzione ove pone i propri passi non ha diritto al risarcimento del danno subito, in quanto con la propria condotta ha causato il verificarsi dell’evento lesivo stesso.

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DA SUITE A CABINA: UN DANNO BAGATELLARE?

Tribunale di Pavia, sentenza del 21 luglio 2022

Nella vicenda de qua l’attore prenotava due biglietti per la tratta di interesse e con la sistemazione “suite presidenziale” il tutto per un prezzo di circa 500,00 Euro. La Compagnia, successivamente alla prenotazione, comunicava che il viaggio si sarebbe svolto con navi differenti da quelle prenotate e che l’alloggio sarebbe stato modificato in “cabina vista mare da quattro letti”, sia per l’andata, sia per il ritorno. L’attore, quindi, decideva di posticipare il viaggio di ritorno così da poter fruire della sistemazione originariamente convenuta e dichiarando di subire un importante pregiudizio in merito alla sua attività lavorativa che in fase di giudizio quantificava in complessivi 20.000,00 Euro a titolo di danno patrimoniale e non patrimoniale.

Invero, nel caso di specie, erano le stesse condizioni generali di trasporto, espressamente accettate dal Viaggiatore, a prevedere la facoltà, in capo alla Compagnia di eventualmente modificare la sistemazione richiesta ove vi fosse una oggettiva necessità, la cui prova sarebbe gravata in capo al vettore marittimo.

Nella fattispecie che ci occupa, il Tribunale, atteso che la Compagnia non aveva dato sufficiente prova dell’esistenza di oggettive necessità che avevano richiesto il cambio di sistemazione, non nemmeno ha escluso la sussistenza d’un danno, ma non lo ha ritenuto meritevole di risarcimento.

Orbene, il Tribunale ha osservato, che la ‘felicità’ (o, nel caso di specie, la pretesa di soggiornare nella stanza concordata) non è un diritto costituzionalmente garantito, giacché la questione “(…) non si pone nei termini di un’astratta valutazione sull’ingiustizia del danno, ma della sussistenza in concreto di quella lesione (…) (Cfr., M. Franzoni, Cosa è successo all’art. 2059 c.c.?, in Resp. civ., 2009, p. 25).

In relazione al danno patrimoniale, è stata considerata irragionevole e sproporzionata l’affermazione dell’attore, secondo cui questi avrebbe dovuto posticipare il proprio rientro solo per poter fruire dell’alloggio originario poiché tale è un danno che lo stesso avrebbe potuto evitare. Quanto al danno non patrimoniale, il Tribunale ha ritenuto di non doverlo liquidare in quanto, nel caso di specie, non si trattava d’una nave destinata al soggiorno, bensì al trasporto, il viaggio era stato intrapreso per motivi di lavoro e la sistemazione sostituiva risultava decorosa, stante anche la lieve differenza di prezzo fra le due cabine.

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MULTA PER DIVIETO DI SOSTA ELEVATA DA AUSILIARI DEL TRAFFICO.

Corte di Cassazione, ordinanza n. 30288/2022

Il ricorrente adiva la Suprema Corte per vedersi annullato un verbale elevato da un ausiliare del traffico per aver sostato su un parcheggio a pagamento senza aver proceduto al pagamento del relativo ticket.

Orbene, gli Ermellini hanno osservato come l’art. 17, commi 132 e 133 della L. n. 127/1997 ha attribuito ai Comuni la possibilità di conferire funzioni di prevenzione ed accertamento delle infrazioni in materia di sosta ai dipendenti comunali, ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi ed al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone, entro i confini delle aree oggetto di concessione. 

Pertanto, ai sensi della citata normativa, gli ispettori delle aziende di trasporto sono titolari di un potere di controllo limitato alle aree date in concessione alle aziende da cui dipendono e le funzioni di prevenzione e di accertamento attengono alla materia della circolazione e sosta sulle sole corsie riservate al trasporto pubblico.

Per tali ragioni, non potrà essere oggetto di accoglimento la tesi secondo cui tali poteri sarebbero estesi all’intero territorio comunale, non potendo prevalere sul dato normativo né le circolari del Ministero dell’Interno, né il disposto dell’art. 12 bis C.d.S..

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MULTA CON AUTOVELOX: LA P.A. DEVE DARE PROVA DELLA PERIODICA TARATURA.

Corte di Cassazione, ordinanza n. 29625/2022

La recente sentenza in esame ha stabilito che è a carico della Pubblica Amministrazione, in presenza di espressa contestazione da parte del soggetto sanzionato, di fornire adeguata documentazione che provi la positiva omologazione iniziale e la taratura periodica dello strumento di rilevazione a distanza delle infrazioni. Solo in presenza della detta documentazione, che dimostra  il corretto funzionamento dell’apparato di rilevazione della velocità  – che si ricorda essere un elemento essenziale della sanzione – spetterà al ricorrente-sanzionato l’onere di fornire la prova contraria.

La Corte di Cassazione ha, quindi, stabilito che, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, del codice della strada (Cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 113/2015), tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere necessariamente e periodicamente sottoposte a verifiche di funzionalità e taratura. Inoltre, ha decretato che in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio, il giudice adito è investito dell’obbligo di accertare effettivamente che tali verifiche siano state o meno eseguite.

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NESSUN RISARCIMENTO È DOVUTO SE IL DANNO È STATO CAUSATO DA DISTRAZIONE.

Corte di Cassazione, ordinanza n. 27445/2022

Il ricorso presentato alla Corte di Cassazione era stato presentato da un soggetto che asseriva esser caduto da una scala poiché la stessa era bagnata, scivolosa e priva delle strisce antisdrucciolo, richiedendo ai sensi degli artt. 2043 e 2051 c.c. il risarcimento dei danni subiti.

Gli Ermellini hanno stabilito che nessun risarcimento è dovuto allorché emerga che i luoghi del sinistro non possano ritenersi intrinsecamente pericolosi e che il danneggiato avrebbe potuto evitare il danno osservando le dovute cautele. Ove non siano presenti tali elementi la causa del danno è da ricondursi esclusivamente alla disattenta condotta del danneggiato. 

Ed ancora, la Suprema Corte ha stabilito che, anche nella fattispecie di cui all’art. 2051 c.c., l’onere di provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno spetta al creditore danneggiato. Nel caso in cui emerga, come anticipato, che la cosa in custodia sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, chi lamenta il danno dovrà dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere altamente probabile, se non inevitabile, il verificarsi del sinistro e di aver tenuto un comportamento di cautela adeguato alla situazione di rischio percepibile tramite l’ordinaria diligenza.

Da ciò ne deriva che quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata con l’adozione delle normali e prevedibili cautele, tanto più incidente deve considerarsi il comportamento imprudente del danneggiato, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso. In tali casi la condotta del danneggiato si connoterà quale esclusiva causa della produzione del sinistro.